Lions Club Trasimeno we serve |
3 Ottobre - S. Arcangelo
Interclub con "Corciano Ascanio delle Corgna"
Meeting sugli insediamenti etruschi nella zona del Trasimeno
Visita della chiesa di S. Maria di Ancaelle
Il Lions Club Trasimeno,
Hanno onorato della loro presenza il Sindaco di Magione Giacomo Chiodini, l’Assessore alla Cultura del Comune di Magione Paolo Orecchini, il giornalista de “Il Messaggero” Luigi Foglietta.
Dopo l’introduzione del cerimoniere Isabella Pacini ed i saluti dei presidenti dei due Lions Club Maria Lucia Roma e Gianfranco Cialini, la dr.ssa Barbara Venanti ha presentato una mappa degli insediamenti etruschi tra Umbria, Lazio e Toscana con particolari riferimenti alle città di Perugia Cortona e Chiusi.
In particolare ha citato le mappe ricostruite dalla sua collega Serena Pippetti, che ha fatto ricerche nei campi arati dei comuni di Passignano e Tuoro individuando reperti in almeno 60 siti di interesse.
Lungo le rive del Trasimeno passavano le strade che univano Perugia Cortona e Perugia, Chiusi e Volsinii (attuale Bolsena/Orvieto).
L’ingente quantità di materiale archeologico etrusco rinvenuto nel territorio comunale, permette oggi di delineare con una certa attendibilità gli aspetti legati al popolamento della zona.
Notevoli per interesse archeologico i santuari, che erano piccoli, di solito collocati in cima ai colli, spesso danneggiati da successive costruzioni del periodo medioevale: tra essi annoveriamo:
Colle Arsiccio
Del santuario di Colle Arsiccio, situato in prossimità dell’attuale Villa di Magione, rimane la struttura base, ma non l’altare che era in legno.
Era un'area recintata il cui deposito votivo circondava una fontana d'acqua sorgiva cui si attingeva per culti curativi e di altro tipo.
Era un santuario dedicato anche alla maternità, come si desume da resti di bambini fasciati e di una donna che allatta.
Pasticcetto
Stipe votiva di Caligiana
Nel 1868, a Caligiana, venne alla luce un’ingente quantità di bronzetti votivi, il cui modo di deposizione e contesto di rinvenimento, a detta degli scopritori, erano paragonabili a quelli di un ripostiglio.
Questa informazione, associata alle caratteristiche qualitative e quantitative dei materiali raccolti, permette oggi di ricondurre i reperti ad una stipe votiva, ovvero una fossa nella quale venivano deposti e conservati oggetti votivi.
Proprio quest’ultimi danno un quadro non solo dell’orizzonte cronologico di riferimento per l’utilizzo della stipe (orientativamente dal IV al II-I secolo a.C.), ma anche delle probabili connotazioni cultuali del santuario.
Tra i materiali rinvenuti, per lo più votivi comuni rappresentanti animali, figurine umane o parti anatomiche, emerge infatti un reperto di notevole interesse: trattasi di una statuina di giovinetto ammantato e con il capo coperto da un cappuccio, senza dubbio iconograficamente riconducibile alla figura di Telesforo, fanciullo divino della famiglia di Asclepio e quindi alla sfera terapeutico-salutare; per questo il sito è collocato nel contesto della tipologia dei santuari "terapeutici”, dove cioè le richieste dei fedeli dovevano riguardare per lo più la guarigione da malattie o l’auspicabile protezione da patologie e malesseri di ogni tipo.
Tra i materiali spicca anche, per grado di conservazione, un giovinetto bronzeo allungato e molto stretto, del quale rimane una cospicua porzione (40 cm).
La splendida figura, riconducibile al tipo cosiddetto «ombre della sera», porta in mano una patera ed ha il capo cinto da una corona di foglie.
I materiali più significativi rinvenuti nella stipe di Caligiana sono oggi esposti al Museo Archeologico dell’Umbria (Perugia) e all’Antiquarium di Corciano.
Monte Gualandro
A Monte Gualandro fu rinvenuta un’importante stele etrusca, attualmente conservata nel Museo Archeologico di Perugia.
Per quello che riguarda il suo aspetto ecco la descrizione di Filippo Magi, tratta da un suo contributo al I° Convegno di Studi Umbri di Gubbio: «La stele è di arenaria gialliccia, ha forma rettangolare (1,90 x 0,76 m.; spessore 13 cm.) e reca nella parte superiore di una faccia una scena graffita con solco poco profondo, che rappresenta due armati che armeggiano fra di loro.
Il fatto che la figura di destra sia mancante di una notevole parte (un quarto dello scudo e quasi tutta la gamba destra), induce a ritenere che la stele sia stata ritagliata da questo lato almeno per una quindicina di centimetri, forse proprio per adattarla come coperchio ad una sepoltura che evidentemente non era quella originaria».
Per tutta una serie di elementi che compaiono nell’incisione, e soprattutto per l’atteggiamento delle due figure ciò che è raffigurato non sembra una vera e propria lotta bensì una sorta di "gioco funebre".
Monte Marzolana
Con i suoi 586 m s.l.m., il Monte Marzolana è uno dei maggiori rilievi della costa del Trasimeno e si pone oggi all’estremità sud-occidentale del confine comunale, pur rientrando in parte nelle pertinenze territoriali dei comuni di Perugia e Panicale.
Il monte, oltre a rappresentare una delle realtà paesaggistico-ambientali più suggestive della zona, è caratterizzato da un elevato interesse storico-archeologico.
Infatti, si ha notizia da fonti orali del rinvenimento, presso la sua sommità, di conci in travertino, blocchi di grandi dimensioni probabilmente databili all’età etrusco-romana.
Non a caso anche all’interno della chiesa di S. Maria d’Ancaelle, ubicata ai piedi del monte e nei pressi della riva meridionale del lago, è reimpiegato, assieme alla parte terminale di un cippo funerario etrusco, un elemento architettonico in travertino di grandi dimensioni, anch’esso verosimilmente proveniente dalla sommità del retrostante Monte Marzolana.
In assenza di indagini archeologiche, risulta tuttora difficile risalire ai precisi contesti di rinvenimento del materiale nonché, di conseguenza, alle caratteristiche degli edifici antichi di pertinenza.
Rimane indubbia, tuttavia, una frequentazione stanziale della zona almeno in epoca romana: lo stesso toponimo del monte potrebbe essere di formazione prediale, derivando dal personale latino Marcilius.
Annoveriamo inoltre altri importanti ritrovamenti a:
Tuoro e S. Feliciano
Vi sono stati ritrovate delle monete risalenti dai I al IV secolo a.C..
Inoltre sono state ritrovati modelli di barchette di ferro che sono simili ai modelli nuragici sardi, facendo desumere contatti tra le due civiltà.
Villa di Quarantaia
Situata a Passignano, conserva mosaici dell’epoca.
E arredata con mattoni prodotte da fornaci locali.
Montecolognola
Anche qui sono stati trovati laterizi con il timbro della ditta locale che li produceva.
Necropoli di Strozzacapponi
La Necropoli etrusca di Strozzacapponi a metà strada tra Perugia e Corciano lungo la strada statale Pievaiola.
E’ uno degli esempi meglio conservati ed organizzati di luogo di sepoltura etrusca.
La necropoli è stata scoperta durante gli scavi per la costruzione di una abitazione privata.
È' visitabile attraverso un percorso guidato ben attrezzato che valorizza alcune delle centinaia di tombe organizzate secondo un piano urbanistico preordinato: di analoga struttura e dimensione, presentano un dromos dotato di gradini che conduceva all'ingresso, chiuso da un grande lastrone.
Il vano interno disponeva sui tre lati di banchine dove venivano collocate le urne o olle con le ceneri del defunto e i relativi corredi funebri.
Al tradizionale ceto gentilizio si affianca un gran numero di personaggi di rango inferiore, liberi o schiavi affrancati.
L'impianto di Strozzacapponi costituisce un perfetto esempio di necropoli organizzata secondo un preciso disegno.
Il rito di sepoltura è quello dell'incinerazione, normalmente utilizzato nel territorio perugino in età ellenistica.
Il corpo del defunto veniva bruciato e le ceneri raccolte all'interno di urne di travertino o di olle in ceramica.
Le urne, alcune esposte presso l'Antiquarium comunale di Corciano, sono in genere lisce e, solo in alcuni casi, presentano decorazioni scolpite arricchite da vivaci policromie.
Sui coperchi è spesso inciso il nome del defunto.
Utilizzata tra il III secolo e il I secolo a.C., era pertinente ad un insediamento collegato all'attività estrattiva nelle vicine cave di travertino in località Santa Sabina.
La musealizzazione della necropoli si inserisce in un più ampio progetto di percorso naturalistico-archeologico che include anche la necropoli di Fosso Rigo, utilizzata da artigiani dediti alla lavorazione della pietra.
E’ poi intervenuto Gianfranco Cialini, Presidente del L.C. “Corciano Ascanio delle Corgna” che, come storico esperto del territorio, ha illustrato la chiesa di S. Maria d’Ancaelle.
Figura tra le più antiche chiese del Trasimeno, ed è di proprietà del Collegio Pio della Sapienza.
Una chiesa dedicata alla Madonna menzionata per la prima volta nell’XI secolo e che recenti studi, da lui stesso effettuati, attestano essere addirittura un antico luogo di culto degli Etruschi.
Dentro l’edificio non si respira solamente l’aria degli etruschi e dei monaci benedettini antichi proprietari della struttura, ma anche quella dei cavalieri templari, richiamati da una croce patente affrescata sull’abside.
La costruzione è ricca di affreschi del XIII e XIV secolo, ospita una pala lignea di rara bellezza risalente ai primi decenni del 1200 e un ciclo di dipinti di Giovan Battista Caporali risalenti al XVI secolo.
Molto curiosa l’intitolazione della chiesa: che cosa significa “Ancaèlle”?
Sono state avanzate alcune teorie sull'origine del nome:
a) derivazione da un culto alla dea etrusca della fertilità Ancaria, il cui tempio sarebbe qui esistito prima della chiesa cristiana (la più accreditata);
b) da Ancharius o Ancarius, nome del proprietario delle strutture produttive di epoca etrusca che qui dovevano esistere;
c) da “ancille” (ancelle); è attestata la presenza, dal 2 Settembre 1588, di una Confraternita di serve “ancillae Virginis”
Alla luce delle attuali conoscenze, si può ipotizzare quindi una continuità con un eventuale tempietto pagano in loco, sostituito da una prima chiesa paleocristiana, alla quale succedette più tardi una costruzione romanica.
Fu data in commenda nel 1430 a Benedetto Guidalotti, vescovo di Recanati fondatore del Collegio Perugino della Sapienza Nuova, e divenne chiesa parrocchiale della frazione di Sant'Arcangelo fino alla costruzione di quella nuova nel 1966. S. Maria di Ancaèlle venne posta alle dipendenze dirette del Collegio Pio della Sapienza con Bolla di papa Paolo II del 1471 ed è ancora oggi in Diocesi di Perugia.
Datato al XIII secolo, il dipinto eseguito a tempera su tavola (111,5 cm x41,5 cm) raffigura la Madre di Dio seduta in trono con in braccio il Bambino, di cui tocca teneramente il piedino destro.
Denota un'influenza bizantineggiante nelle dita affusolate e porta la corona sul capo, qualificandosi come Regina Mundi.
Sul manto, a livello della spalla sinistra, è effigiata una stella (simbolo di verginità incorrotta).
L'autore, ignoto, è stato collegato al "Maestro del Trittico di Perugia".
Dotata un tempo di diversi altari , oggi rimane solo quello centrale, lo splendido altare maggiore incorniciato da un'edicola in pietra serena e delimitato da due eleganti colonne scanalate del XVI secolo, sormontate da capitelli scolpiti e lavorati.
La trabeazione reca un fregio ionico e una lunetta con un sottarco a lacunari.
Si ammirano sei motivi floreali tutti diversi.
Nella lunetta campeggia Dio Padre, emergente dal sole raggiato, che regge con la mano sinistra il globo crucifero ed è circondato da figure angeliche.
Al di sotto corre una fascia, sempre in pietra arenaria, con elementi alberiformi che si ripetono alternandosi nel verso.
Sopra i pulvini dei capitelli vi sono dei plinti che mostrano, sul fronte, un'arma (stemma) per parte: quello di sinistra mostra sette martelli e l'altro è costituito da una sbarra diagonale con tre stelle.
Ai lati dell'icona mariana stanno, due per parte, quattro santi, che guardano in direzione della Madonna con Bambino, fulcro centrale dell'altare e della chiesa.
Si tratta, da sinistra, di San Michele Arcangelo, S. Giovanni Battista, S. Giuseppe e S. Rocco.
L'esecutore di questi affreschi fu il pittore perugino Giovan Battista Caporali (1475-1560), che fu anche architetto, letterato e miniatore.
Un interessante dettaglio riguarda la figura di San Giuseppe: dalla sua mano destra penzola un anello.
Si tratta di un episodio sospeso tra storia e leggenda e che è molto diffuso nel perugino.
L'anello, in onice (ecco perchè il suo colore è bianco), sarebbe quello dello sposalizio tra Giuseppe e Maria.
Prima di morire, la Vergine lo avrebbe affidato all'apostolo Giovanni.
Ai lati dell'edicola dell'altare maggiore sono presenti due affreschi, che corrispondevano ad altrettanti altari.
A sinistra vi era quello dedicato all'Annunciazione della Beata Vergine Maria.
Lateralmente all'affresco si trovano due stemmi araldici in pietra serena: a destra un Leone con un libro in mano (Arma della Sapienza Nuova o Collegio Pio della Sapienza di Perugia, ma in precedenza era l'Arma di Mons. Guidalotti, fondatore della Sapienza Nuova).
A sinistra vi è il Grifone, simbolo della città di Perugia.
L'opera è attribuita a G. Battista Caporali.
L'abside è ciò che resta della chiesa medievale del XII-XIII secolo.
Si tratta di un piccolo ambiente di impronta romanica, celato dietro le tende poste ai lati dell'altare maggiore, dove è stata ricavata la sagrestia.
Presenta una monofora tamponata al centro del catino.
Le pareti - molto deteriorate- narrano di antiche storie sovrapposte, a partire da un singolare manufatto murato nella parete destra: secondo il relatore sarebbe la rappresentazione di un fallo di epoca etrusca e va riconosciuto, nel manufatto, un simbolismo fallico proveniente dall'epoca etrusca, quando qui sorgeva un tempio pagano consacrato alla dea dell'agricoltura Ancaria, che presiedeva anche alla fertilità.
Su un ripiano è situato un blocco litico (una chiave di volta?) che reca scolpito un arcaico "Agnus Dei".
Fu rinvenuto durante i lavori eseguiti all'inizio del 1990 e viene attribuito alla fase romanica della chiesa.
Sulla parete sinistra dell'absidiola si trova una "croce patente" Templare inscritta in un cerchio e, tangente a questo, un Fiore della Vita.
Sono emersi con i restauri e purtroppo le tinte sono completamente sbiadite rispetto a quelle originarie
Bellissimo volto attribuito a S. Sebastiano, che ancora si distingue nel catino absidale.
La sua datazione è ascritta al XV secolo e l'autore è stato messo in relazione con il "Maestro di San Cristoforo", attivo in altri paesi del lago.
Una particolare croce di consacrazione è dipinta (miracolosamente ancora in rosso) su una pezza d'intonaco sovrapposta agli affreschi della parete nord.
Rappresentazioni dell'abside
E' seguita la conviviale presso il ristorante "Faliero"