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24 Aprile – Magione – Torre dei Lambardi
In collaborazione con l’Accademia Masoliniana di Panicale
2° incontro dedicato ai pionieri dell’aviazione
Paolo Varriale presenta il ten. Anselmo Cesaroni
Il dr. Paolo Varriale ha ricordato come le prime attività aeronautiche sul lago Trasimeno ebbero inizio grazie al ten. Anselmo Cesaroni, un pioniere del volo che, tramite l’interessamento del deputato perugino Romeo Gallenga, fece impiantare nella baia di San Feliciano una base di idrovolanti inaugurata il 6 marzo 1914.
Un idrovolante è un aeroplano in grado di effettuare le operazioni di decollo da una superficie acquatica quale.
Ad esempio, quella del Lago Trasimeno.
Il contributo maggiore alla progettazione degli idrovolanti fu dato però dal pioniere dell'aeronautica statunitense Glenn Curtiss, membro della Aerial Experiment Association e fondatore dell'omonima ditta. Dopo un prototipo che nel 1908 non riuscì a prendere il volo, nel 1911 ritentò con un altro velivolo, caratterizzato da un galleggiante centrale sotto le ali, ed uno più piccolo in coda.
Il primo volo fu compiuto il 26 gennaio.
Curtiss continuò nello sviluppo, arrivando nel febbraio dello stesso anno al Triad il primo aereo anfibio. Successivamente Curtiss iniziò ad occuparsi di idrovolanti a scafo, designati Curtiss Flying-Boat N.1, Flying-Boat N.2.
A seguito dell’avviata attività areonautica l’attività si estese anche a Castigliane del Lago ove l’aeroporto venne inaugurato nel 1918 quindi nel periodo finale della Prima guerra mondiale, soprattutto grazie all’interessamento del conte Romeo Gallenga Stuart, deputato del Collegio di Perugia, e dello stesso Cesaroni, divenuto capo pilota della scuola idrovolanti di Passignano e fu pensata, soprattutto, al fine di reperire un campo per aeroplani terrestri ubicato sulla sponda del lago per unire, in un’unica struttura, attività di aerei terrestri e idrovolanti esercitata fino ad allora a Passignano, località che non aveva gli spazi necessari per un campo di volo.
Gli idrovolanti italiani furono protagonisti, durante l'ultima guerra, di centinaia di missioni in condizioni meteorologiche avverse con gli equipaggi intenti a scrutare il mare alla ricerca della flotta nemica o di un battellino di salvataggio con qualche sfortunato pilota, spesso queste missioni venivano interrotte dalla caccia nemica e l'aereo era costretto ad ammarare sotto i colpi degli della caccia nemica. Un doveroso omaggio va quindi reso agli uomini, piloti ed avieri, che spezzanti del pericolo, volarono, combatterono e spesso morirono su questi aerei per dare ai comandi vitali informazioni sui movimenti del nemico o per recuperare qualche compagno abbattuto.
L'industria italiana, prima della seconda guerra mondiale, aveva maturato una invidiabile esperienza nella costruzione degli idrovolanti portando l'Italia alla conquista di vari primati di distanza, si era però data maggior importanza allo sviluppo e alla progettazione di plurimotori a scarponi trascurando i grandi idrovolanti a scafo centrale che erano la regola nelle aviazioni straniere.
Allo scoppio delle ostilità ci si ritrovò con macchine come il Cant.Z 501, che seppur affidabili, erano ormai di concezione superata e per le quali non erano stati studiati rimpiazzi adeguati o con altre come il Cant.Z 506 che seppur di concezione moderna venivano ostinatamente impiegate per compiti sbagliati come il bombardamento marittimo, solo successivamente assegnato ad altri tipi di aerei terrestri, tutto ciò portò gli idrovolanti ad essere impiegati per compiti spesso al di sopra delle proprie possibilità.