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15 Maggio 2010: Sala Conferenze del Comune di Castiglione del Lago,
in collaborazione con l’Accademia Masoliniana,
Claudia Minciotti Tsoukas presenta
Maria Bonaparte Valentini, una Bonaparte al Trasimeno
Interessante conferenza su Maria Bonaparte Ventini, una delle donne di personalità
più rilevante nella storia del Risorgimento Perugino,
tenuta dalla dr.ssa Claudia Minciotti Tsoukas, storica del Risorgimento
Maria Bonaparte nacque, penultima dei dieci figli che Luciano, fratello di Napoleone, aveva avuto da Alexandrine de Bleschamp; in quegli anni il padre, dopo i cento giorni che lo avevano visto ancora a fianco di Napoleone, viveva ormai nei suoi possedimenti italiani di Canino, in provincia di Viterbo, in mezzo a grosse difficoltà finanziarie.
Nel feudo la famiglia Bonaparte aveva cominciato a frequentare la famiglia dei conti Valentini, proprietari terrieri.
Vincenzo Valentini, dopo la laurea in legge conseguita a Roma, era tornato a Canino per curare gli interessi della famiglia; così conobbe Maria e se ne innamorò corrisposto; il matrimonio fu all’inizio avversato dalla famiglia Bonaparte che considerava la famiglia Valentini di rango inferiore; dopo una romantica “fuga d’amore”, si riuscì ad arrivare nel 1836 ad un matrimonio da cui nacquero quattro figli, Luciana, Fortunata, Antonio e Valentino.
Nel 1948 Vincenzo Valentini fu nominato deputato della Costituente Romana e Ministro del Tesoro; dopo la caduta della Repubblica Romana fu però esiliato e Maria, con l’aiuto del cugino Napoleone III, nonostante il fatto che avesse aiutato Mazzini a fuggire da Roma, poté stabilirsi a Perugia ove educò i figli.
Nel 1953, per stare vicina al marito, acquistò dalla famiglia perugina degli Oddi, la tenuta di Laviano, in territorio pontificio, ma vicino alla Toscana; qui ed a Perugia continuava a ricevere ospiti italiani e stranieri, liberali e non.
Per l’ampia rete di rapporti familiari, politici ed intellettuali in Italia ed in Francia della padrona di casa, il salotto di Maria si presentava come il maggior punto di incontro tra mondo intellettuale e classe politica risorgimentale.
Il feudo di Laviano comprendeva anche la casa natale di S. Margherita e questo ispirò a Maria la “Leggenda di Margherita di Laviano”, che riflette la formazione giovanile sui poemi cavallereschi italiani.
Maria aveva conosciuto, in uno dei suoi soggiorni in Francia, la poetessa francese Louise Colet; a tale donna si legò con profonda amicizia cementata anche da affinità elettive e dall’abilità di Maria di scrivere versi indifferentemente in italiano ed in francese.
Dopo il matrimonio della figlia Luciana con Zeffirino Faina, Maria si trasferì nella tenuta del genero di Collelungo, presso Marsciano; qui scrisse il poema “la bella Imperia di Collelungo”, che narrava la leggenda popolare dell’amore tra Imperia, figlia del signore di Corbara, e Guido dei Monaldeschi. Uno dei temi ispiratori delle opere di Maria era quello dell’unità nazionale italiana.
Nel 1858 Vincenzo Valentini si suicidò con un colpo di pistola, forse per evitare di partecipare ad una congiura per uccidere Napoleone III, che lui poteva facilmente avvicinare come marito della cugina e considerato colpevole di aver rimesso il papa sul trono.
Il salotto di Maria a Porta Sole divenne un punto di incontro dei liberali che appoggiavano le loro speranze sulla casa sabauda; la parentela di Maria con Napoleone III creava sul salotto una sorta di “zona franca”, sorvegliata, ma, all’inizio, non assalita. Nel 1859, dopo le vittorie piemontesi di Magenta e Solferino, a Perugia si cominciò a sperare in un intervento contro il dominio pontificio; ci furono moti di rivolta, ben descritti da Maria in un lettera alla Colet; fu istituito un governo provvisorio di cui fecero parti noti frequentatori del suo salotto quali Francesco Guardabassi, Tiberio Berardi, Nicola Danzetta, Carlo Bruschi e Zeffirino Faina.
Fu però presto ben chiaro che il governo pontificio stava attivando un’azione repressiva contro al città guidata da Anton Maria Schmidt e che nessun intervento vi sarebbe stato né da parte piemontese, né da parte francese, nonostante le lettere da Maria al cugino Napoleone III.
La repressione del 20 Giugno costrinse Maria alla fuga, prima ad Arezzo, poi a Firenze. Anche a Firenze continuò la sua attività di liberale, continuando ad incontrare gli amici rivoluzionari sopravvissuti e arrivando anche ad incontrare Vittorio Emanuele.
Tornò quindi a Laviano, che meglio si prestava ad aiutare quanti in difficoltà sul confine con la Toscana. Tornò anche a Perugia, ospite per qualche giorno della marchesa Florenzi, per rivedere il suo palazzo, rimasto chiuso dal giorno della sua partenza.
Nel 1860, dopo l’annessione di Perugia al Regno d’Italia, tutti gli esuli poterono fare ritorno; a quell’epoca risale l’incontro tra Zeffirino Faina e la figlia di Maria, Luciana, che poi diverrà sua moglie.
Il Palazzo di Maria passò ai Connestabile della Staffa e poi al Comune di Perugia che ne fecero al sede della Biblioteca Augusta. In detta biblioteca sono conservate in un volumetto le lettere intercorse tra Maria ed Ariodante Fabbretti, essenzialmente riferite agli scavi effettuati nella tenuta di Laviano alla ricerca di reperti etruschi.
Maria morì a Perugia nel 1874 tra il cordoglio unanime della città.
La poetica. Andrea Donati nel suo opuscolo “Maria Bonaparte Valentini poetessa del Risorgimento Italiano” definisce le sua poesia “delicata e forte” e riallacciata alla tradizione delle più esimie poetesse del cinquecento, come Vittoria Colonna e Gaspara Stampa.
Il giudizio dei moderni tuttavia risulta più limitativo e vicino a quello espresso da Sandro Vismara nello scritto “Rapita a Canino una nipote di Napoleone” che considerano la sua poetica contraddistinta da una certa esteriorità e da una roboante ma sterile ricerca del termine nobilitato dalla raffinatezza espressiva, secondo i canoni di una poesia “di scuola”; tradizionali e convenzionali risultano anche gli attributi che caratterizzano i personaggi.
In definitiva la vita degli umili è vista attraverso una stilizzazione accademica che non esce dal solco della tradizione bucolica ed arcadica (“ o veraci del povero dovizie”).
Talvolta si ravvisano tuttavia anche spunti di vivace realismo:
Il senile pastor, rauco cantore
strazia gli orecchi, ma commuove l’alma
in nome della fede e dell’amore
Sulla stessa linea alcuni romantici motivi che riecheggiano Dante (“ché la retta via avea smarrito allora”), Petrarca (“..il tardo fianco/il vecchierello dal crin rado e bianco/ toglie…) e Parini.
Del tutto retorica è anche la rappresentazione del grande zio:
Giunto dall’Alpi alla famosa cresta
l’emulator di Cesare fermosse,
il braccio stese, sul destrier levosse
ed esclamò “dunque l’Italia è questa!”
e del cugino:
un altro eroe che Italia mia sorregge
ma il popolo ne vuol libero, invitto
Più sinceri i versi con cui commemora la morte di Mazzini:
La fé inconcussa in mezzo al mondo rio,
la forte speme e l’incorrotto e santo
amor, di cui pagò tant’anni il fio
Alla poesia popolare si rifanno i versi dedicati a Giuseppe Rosi, detto il poeta pastore, amico di Garibaldi:
Se il Poeta Pastor verrà a trovarmi
Gli dirò: lascia il plettro e piglia l’armi;
se mi dirà che reggerle dispera,
dirogli almen che tenga la bandiera,
Da tutta l’opera della Bonaparte emerge l’orientamento fortemente contrario al governo pontificio (…i danni e l’onte / d’essere addetta a servitù papale), l’orientamento repubblicano, poi in parte contraddetto nel tripudio per la liberazione sabauda di Perugia (Fiore di valle / per nostro re vogliamo Emanuelle), la stima per Napoleone III, nonostante qualche delusione per i suoi atteggiamenti filoromani, quali le temporanea restituzione di Viterbo al potere papale.