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11 Giugno 2011
padre Pietro Messa o.f.m,
Preside della Scuola di Studi Francescani
nella Pontificia Università Antonianum di Roma,
presenta Giovanni Croci,
più noto come il Beato Leopoldo da Gaiche
Giovanni Croci nacque a Gaiche (Perugia) il 30 ottobre 1732 in una benestante famiglia contadina.
I I genitori, cristiani esemplari, trasmisero al figlio una fede profonda.
Dal parroco del vicino paese di Groppoleschieto Giovanni ebbe una prima istruzione, accompagnata dall'insegnamento del catechismo. Studiava sempre, anche badando al gregge che portava al pascolo.
Fu una grande gioia per i genitori quando manifestò la volontà di diventare frate francescano e vestì l'abito nel convento di S. Bartolomeo a Cibottola prendendo il nome di Leopoldo.
Fra Leopoldo si preparò al sacerdozio studiando con impegno lettere, filosofia e teologia nel convento di Norcia, la patria di S. Benedetto. La sua formazione intellettuale dovette essere molto accurata se i superiori, dopo l'ordinazione sacerdotale, che ricevette per le mani del vescovo di Terni, Mons. Pietro Maculari, lo destinarono per tre anni all'insegnamento della filosofia e quindi della teologia.
Si disponeva così a diventare un competente ed efficace banditore della divina parola.
Essendo dotato di eccellenti qualità oratorie, era naturale che Fra Leopoldo si sentisse propenso piuttosto alla predicazione che alla scuola. I superiori lo assecondarono in quella sua naturale inclinazione ed egli per quarantasette anni percorse l'Umbria e il Patrimonio della Chiesa dando missioni secondo il metodo di S. Leonardo da Porto Maurizio.
La Santa Sede di costui aveva approvato il Regolamento per le Missioni e il nostro beato lo portava sempre con sé e lo dava da leggere anche ai confratelli che guidava nell'esercizio del ministero essendo stato nominato capomissionario nel 1771, quattro anni dopo cioè che si era dato d'ufficio a quell'apostolato.
Per tutta la sua vita egli mostrò di essere uno di quegli uomini straordinari che Iddio di quando in quando suscita nella sua misericordia in mezzo ad una regione per santificarla.
Fra Leopoldo si preparava alle prediche con lo studio dei Libri Santi e la preghiera. Non saliva il pulpito senza prima raccogliersi in se stesso e trattare con Dio gl'interessi dei suoi uditori.
Trovava così infallibilmente la via dei cuori. Difatti sapeva porgere la parola di Dio con tale unzione tanto col dire concitato quanto con il declamare profetico che illuminava le menti più ottenebrate e piegava le volontà più ostinate nel male.
L'impegno di predicatore di Fra Leopoldo fu costante negli anni e straordinario.
Le sue prediche, spesso concitate e dai toni profetici, erano preparate meticolosamente. Prima di salire su un pulpito si raccoglieva profondamente in preghiera e spesso tremava fino a quando non iniziava a parlare.
Molto austero era il suo regime di vita, si spostava da un paese ad un altro sempre a piedi, noncurante delle condizioni atmosferiche.
Da un diario delle predicazioni sappiamo che tenne trecentotrenta missioni della durata media di quindici giorni, quaranta quaresimali e innumerevoli novene e panegirici.
Solitamente, mentre si avvicinava al paese dove era atteso, gli abitanti del posto in processione gli andavano incontro. Con i suoi frati si inginocchiava invocando l'assistenza dello Spirito Santo e scalzo raggiungeva la chiesa, cantando le litanie della Madonna. Portava sempre con se alcune reliquie. Molte volte la chiesa non riusciva a contenere la folla e quindi la funzione era celebrata all'esterno.
Umilmente ascoltava i consigli e le opinioni del parroco.
Era consueto il pio esercizio della sveglia notturna, chiamata “svegliarino”: di notte faceva suonare dalle campane l'Ave Maria poi, girando per il paese, radunava gli uomini per condurli, cantando, in chiesa dove teneva un sermone al termine del quale si flagellava le spalle.
Non mancava la processione in onore della Madonna con le donne che, vestite di bianco, tenevano in capo una corona di fiori. La missione si concludeva con una processione penitenziale durante la quale Fra Leopoldo, scalzo, portava la croce, la corona di spine e le catene al collo; molti lo imitavano. Alla fine dei quindici giorni, tra i fedeli, erano numerose le conversioni e le riconciliazioni.
Per fuggire dagli attestati di stima partiva un'ora prima del previsto.
Eresse o fece restaurare decine di Via Crucis.
Nell'Ordine ricoprì gli importanti incarichi di Custode, Guardiano e Ministro Provinciale, imponendo ai vari conventi della sua provincia la piena osservanza della Regola.
Avanzando negli anni diminuì il numero delle missioni, pensò quindi di trasformare in Ritiro di stretta osservanza il convento di Monteluco, fondato da S. Francesco presso Spoleto a 1218 metri di altezza (vi soggiornò anche S. Antonio da Padova). Con l'approvazione della Santa Sede preparò le Costituzioni che si dovevano osservare.
Il 1° novembre 1788 il vescovo di Spoleto, Monsignor Locatelli, lo inaugurò solennemente. Fra Leopoldo e compagni si ritirarono periodicamente a Monteluco per ritemprare lo spirito dalle fatiche apostoliche.
Nel 1809 il Ritiro fu soppresso dalle leggi napoleoniche e il Beato fu costretto a lasciare il saio e a rifugiarsi a Terraia.
Anche qui formò un centro di preghiera, mentre sostituiva il parroco del confinante paese di Morgnano e faceva nei dintorni alcune prediche.
Fu chiesto, però, anche a lui di prestare giuramento alle nuove leggi anticlericali e, al suo rifiuto, seguì prima una sorta di reclusione presso la nobile famiglia Lauri, poi il confino nel convento di San Damiano ad Assisi. Continuò a far sentire la sua voce attraverso la corrispondenza.
Erano tempi tristissimi per la Chiesa, Pio VII era prigioniero a Fontainebleau.
Qualche anno e la bufera passò. Fra Leopoldo andò incontro al papa che, tornando a Roma, fece sosta a Foligno. Nell'incontro chiese di riaprire il ritiro di Monteluco, era il 1814.
Ormai anziano, vi si ritirò.
L'anno successivo, durante una predica per la novena di Natale, ebbe un malore. Fu portato in paese per essere curato ma lui chiese solo, inutilmente, di morire sulla nuda terra. Spirò il 2 aprile 1815.