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4 Giugnoo -
Cortona MAEC
InterClub Cortona Corito Clanis, Trasimeno,
Corciano Ascanio dalla Corgna
sulle mura urbiche
della città
Dopo i saluti delle autorità lionistiche e dell’assessore alla Cultura di Cortona, il prof. Giulierini ha esordito parlando del significato delle mura di una città come simbolo di difesa da incursioni esterne e di libertà per i residenti.
Nella storia, ha citato la Muraglia Cinese come argine di difesa della Cina da incursioni di popoli esterni, del Vallo di Adriano come difesa dell’impero romano dai barbari che all’epoca abitavano la Britannia, fino al muro eretto dagli Stati Uniti a protezione delle migrazioni dal Messico.
Cortona è una città con una storia lunghissima; entro Cortona furono ritrovate capanne risalenti all’epoca Villanoviana (8° sec. A.C.), buccheri del 7° sec. a.C., ma non rimangono tracce di mura di questo periodo, anche perché eventuali difese erano in materiali deperibili; comunque, dai reperti ritrovati, ne esistevano due cerchia risalenti ai periodi suddetti.
Le mura attuali, di cui è possibile vedere della tracce, risalgono al 4° sec. a.C.
Furono costruite, con una forma abbastanza rettangolare a seguire l’andamento della collina, con grandi blocchi di pietra squadrata a formare la base del muro.
Di tali mura rimangono tracce ben visibili, anche se sopra di essi si collocano altri blocchi, più piccoli di dimensioni, che risalgono ad epoche successive.
La particolarità sta nel fatto che non esistono mura di foggia romana in laterizio; già Dionigi di Alicarnasso riscontrava che, quando Cortona passò dalle sue origini etrusche ad essere città romana, l’impianto degli edifici e delle mura con cambiò secondo l’usanza romana.
Di romano rimangono solo alcuni mosaici trovati in ville patrizie nei dintorni di Cortona.
Tra le porte ricordate quella bifora, con aggiunte del 2° sec., porta Montanina nei pressi della quale è stato trovato un cocciopesto che formava l’acquedotto; c'era poi una cisterna per la conservazione dell’acqua.
Non tutte le porte sono etrusche; alcune risalgono ad epoche successive.
Non è nemmeno corretto associare l’antichità alla grandezza delle pietre; è invece più corretto stabilirne la datazione in base ai frammenti di ceramica reperiti nelle pietre stesse.
Giulierini ha poi mostrato immagini di mura di Volterra, Roselle e Castelsecco risalenti allo stesso periodo.
La Porta Bifora o Ghibellina è l’unica delle porte monumentali della cinta etrusca di Cortona a noi oggi giunta; è stata preceduta da un ingresso ad unico fornice di cui lo scavo ha messo in luce le tracce.
Nella prima metà del II sec. a.C. è stata realizzata la nuova porta a due fornici coperta ad arco con controporta verso l’interno; il bellissimo lastricato interno della controporta mostra il carattere cerimoniale della porta cui giungeva la grande strada diretta alla principale delle necropoli ellenistiche della città.
In epoca tardo-antica la porta è stata ristretta ad un unico fornice, quello settentrionale, e come tale è sopravvissuta attraverso le varie trasformazioni.
Sempre Dionigi di Alicarnasso racconta del re pelasgo Nanas (da alcuni identificato anche con Ulisse) che approdò a Spina e da lì si spinse fino a Cortona portando con sé molti vasi greci.
Seguì un lungo periodo in cui Cortona fu occupata dagli etruschi; grazie alla sua posizione geografica, fu considerata uno dei più importanti decumani.
Seguirono i contatti e gli scontri con i romani.
Nel 310 a.C. il console romano Quinto Fabio Massimo Rulliano valicò la Selva Cimina ed invase il territorio al di là dei monti Cimini ottenendo un'importante vittoria in campo aperto.
L'effetto psicologico sull'Etruria fu devastante, ma paradossalmente si ritorse contro Roma perché l'Etruria ritrovò l'unità politica, decise di unire tutte le sue forze e le mandò di nuovo contro Roma.
Le forze romane ed etrusche si scontrano ancora una volta nel 309 a.c. presso il lago di Vadimone, dove i romani ottennero una schiacciante vittoria e presero il sopravvento sugli etruschi.
Tuttavia le mura, costruite ed ampliate fino alla fortezza del Girifalco, non furono violate dai romani; anzi, i romani portarono rispetto al popolo ed alle tradizioni cortonesi lasciando in loco anche il linguaggio etrusco.
Dal canto suo la città di Cortona dimostrò fedeltà a Roma, riuscendo ad impedire, grazie all’imponenza delle sue mura, l’invasione dei cartaginesi di Annibale.
Roma le fu riconoscente offrendo un finanziamento grazie al quale fu costruita la porta bifora ed un primo impianto fognario.
Molte tradizioni etrusche furono rivissute nelle tradizioni romane: tra tutte quella della divinazione basata sul volo degli uccelli.
Si narra che Romolo e Remo videro uno 12 ed uno 6 avvoltoi e finì per prevalere il fratello che ne aveva visti di più; Remo saltò il vallo tracciato dal fratello compiendo un sacrilegio, com’era anche nella tradizione etrusca; la stessa Roma fu fondata dopo una consultazione del volo degli uccelli; anche i romani portavano rispetto alla civetta considerata anche dagli etruschi un uccello sacro.
Ricordiamo come gli etruschi avessero queste stesse tradizioni, com’è dimostrato nell’icona di Vel Saties nella tomba etrusca Francois, in cui è raffigurato un nano che tiene un picchio per una cordicella per trarre auspici dal comportamento dell’animale.
Infatti gli etruschi credevano nella consultazione del cielo e del fegato degli animali per prendere decisioni di natura altamente strategica.
Per la stessa fondazione di Cortona furono usati buoi bianchi e fu sollevato l’aratro in prossimità delle porte; le mura erano anche considerate separazione tra i vivi (all’interno) ed i morti (all’esterno).
La ninfa Vegoia malediceva chi violava la costruzione delle mura.
Pulsans e Silvans erano le due divinità protettrici delle porte della città.
Aldo Neppi Modona fu l’archeologo che scavò la maggior parte delle mura di Cortona.
Ha poi parlato dell’ipotesi che a Cortona ci fossero un teatro ed un anfiteatro, formulando l’ipotesi fossero collocati all’esterno della città e quindi ancora da riscoprire.
Nei terreni circostanti la città sono stati ritrovati numerosi cippi di confine , tra cui i 2 con la scritta “Tular” “Rasnal”; il significato, “confine” “popolo etrusco”, delimitava la zona antro la quale potevano essere tratti gli auspici.
I confini della città erano posti dalla Pieve di Ossaia, alla Valdichiana ed arrivavano a monte fino alla zona dell’attuale Trestina.
Spesso i confini erano marcati da santuari di confine.
E’ seguita la visita, guidata da Laura Gremoli, di:
un ambiente, inserito all’interno di un palazzo, nei pressi della porta di S. Vincenzo, con copertura a volta e apertura al centro del soffitto, probabilmente riutilizzato come cisterna o deposito.
Il suo primitivo utilizzo, tuttavia, sembrerebbe connesso con una strada coperta e voltata, forse di connessione con la porta urbana.
La struttura sembra inquadrabile tra il II e il I sec. a.C.
Porta colonia
Una delle sei porte urbane rimaste in città conserva un titolo assai significativo, poiché sembra confermare la presenza di una colonia romana nella pianura chianina.
Sia a destra che a sinistra della porta, nella parte più bassa delle mura, sono ben visibili le grandi pietre messe in opera dagli Etruschi sopra le quali furono poi progressivamente aggiunte murature più piccole, di età medievale e rinascimentale.
Porta bifora
Tra Porta Santa Maria e Porta di San Vincenzo (o Sant’Agostino) si incontra un’antica porta nota come Porta Ghibellina o Porta Bacarelli, oggi chiamata Porta Bifora.
Si tratta di una porta etrusca a due fornici databile al II sec. a.C., che insiste su strutture più antiche e che ha avuto innumerevoli risistemazioni nel corso dei secoli.
Le aperture della porta piuttosto strette, l’assenza di segni delle ruote dei carri nella pavimentazione e il rinvenimento nelle sue vicinanze di due statuette bronzee di divinità etrusche (oggi conservate al Museo dell’Accademia Etrusca) fanno supporre una sua funzione religiosa e cerimoniale.