Lions Club Trasimeno

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Chiesa Madonna del Calcinaio di Cortona
1 Giugno: Marco Rosadi di “Magia della parola” presenta
“Sulla scia fluttuante della tolleranza”
Immaginaria intervista con Piero Pancrazi
Raccolti fondi per il restauro della Chiesa



Pietro Pancrazi apparteneva ad un'antica famiglia patrizia di Cortona Laureato in Legge, prima della guerra 1915-18 collaborava alle "terze pagine" di molti quotidiani e a La voce letteraria.
Partecipò come ufficiale al conflitto, ma al ritorno della pace si estraniò dalla politica e dal 1923 al 1933 fu redattore capo della rivista fiorentina Pegaso.
Insert Logo Here Autore di saggi sulla letteratura italiana, pubblicati dal 1964 nella serie Scrittori di oggi, fu consulente di molte case editrici.
In seguito, insieme ad Alfredo Schiaffini e Raffaele Mattioli, curò la collezione "La letteratura italiana, storia e testi".
Prese parte, dopo il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, alla guerra partigiana aderendo al CLN di Cortona in rappresentanza del Partito Liberale Italiano.
Dal 1946 fu socio nazionale dei Lincei.
La sua consulenza fu richiesta dall'Assemblea Costituente al fine di trascrivere in lingua formalmente e stilisticamente corretta la Costituzione della Repubblica Italiana.
Il meeting, organizzato da Lions Club del Trasimeno, Lions Club di Cortona Corito Clanis, Accademia Masoliniana di Panicale, Isola del Libro Trasimeno ha proposto al pubblico un’immaginaria intervista, scritta e recitata da Marco Rosadi del Gruppo di lettura “Magia della parola” tra un giornalista e Pietro Pancrazi; in essa si affronta il tema che poi fu il titolo di una delle opere più note di Pancrazi e cioè il trattato “Della tolleranza”.
L’opera riassumeva il pensiero di un giornalista libero contro gli stili da regime del dopoguerra, riassunto nella frase Insert Logo Here«Tra le parole che il fascismo abolì e che noi vorremmo ora riporre in grande onore, c'è anche la parola forse».
Naturalmente, col termine «fascismo», Pancrazi riassumeva tutti gli stili da regime, contro cui si scontrava la sua opera di liberale, per l'affermazione della libertà.
Furono gli stili da regime, come si andavano già ripresentando negli anni Quaranta (l'intolleranza, la professione di idee che diventa propaganda, lo stato interventista in questioni culturali, l'ipocrisia moderatista, la critica letteraria retorica e fine a se stessa), l'obiettivo della paziente e acuta profondità, ironica e di chiara eleganza, di questi scritti pieni di «forse».
L'opera antitirannica rovesciò arditamente la visione tradizionale di esercitazione retorica e offrì una galleria delle speranze postbelliche di utile e piacevole rassegna.
Un diario minimo degli anni del Dopoguerra, in cui si preparava il cantiere della Repubblica, vergato da «un intellettuale giornaliero» che aborriva i grandi voli e gli eccessi, così come i critici che credevano di rivolgersi all'eternità.
E per questo suo essere capace di restare fedele all'esperienza comune, capace anche di parlare oltre i suoi tempi, in tutti quelli, almeno, in cui si senta il bisogno di ricavare dal «nostro ritratto morale di ieri, impliciti, alcuni utili avvisi per domani». Quanto spontaneamente offerto è stato destinato al restauro della Chiesa.

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«Che cos’è la tolleranza? È l’appannaggio dell’umanità. Siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze, è la prima legge della natura.»
Voltaire